
La Festa dell’Epifania in Liguria
✅ Prima di iniziare la lettura, ti mettiamo qui sotto alcuni link davvero interessanti. Dai uno sguardo! 😉
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Secondo la leggenda, i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni a una signora anziana.
Malgrado le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al piccolo, la donna non uscì di casa per accompagnarli. Poi, pentita di non essere andata con loro, dopo aver preparato un sacco pieno di doni, uscì di casa e si mise a cercarli, senza riuscirci.
Così si fermò a ogni casa che trovava lungo il cammino.
Donava i 🎁 regali ai bambini che incontrava, nella speranza di trovare il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare.
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Versioni differenti..
📜 In alcune versioni si narra che sia la moglie di Babbo Natale, in altre una sua amica o una sua parente.
In altre, si racconta che siano in conflitto, perché “il signore in rosso” spargerebbe in giro la voce che questa vecchina, in realtà, non esisterebbe.

In altre ancora, si racconta che la Befana abbia un marito – Il Befanotto – molto vecchio, talmente brutto da terrorizzare i bimbi, vedendolo arrivare assieme alla moglie.
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🧹 E… in Liguria?
In Liguria, la parola Befana (Bazâra – si pronuncia basâra), ha origine diversa rispetto a quella italiana: in dialetto genovese, significa “vecchia sporca e trasandata”.
Prende spunto dalle lingue iberiche, dove la parola basura, può significare “persona sporca e trasandata“.
Anche alcune tradizioni, divergono dalla classica Epifania “nazionale”. I ragazzi, ad esempio, ricevono ciapellette, delle scarpette di cioccolato, e non calze, ripiene di castagne secche, aglio e mandarini, oppure, “marenghi d’öo“, ovvero soldi in cioccolato.
👟 Si lasciavano le proprie scarpe fuori dalla finestra e lo spirito aleggiante di Bazâra, nella notte, le avrebbe riempite.
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La leggenda voleva che Bazâra avesse le scarpe rotte e ne avesse bisogno di nuove. Avrebbe lasciato una ricompensa a tutti i ragazzini che avessero lasciato un paio in dono fuori dalla finestra.
Sempre secondo la tradizione, la Befana non usa la scopa, ma un più “comodo” 🐴 asinello, per portare i doni ai bambini.
La Bazâra, in origine era accompagnata dal vecchio marito, la cui presenza è pian piano scomparsa nei tempi; portava i suoi regali in gerle di vimini o in sacchi di iuta sfatti e slabbrati, che assumevano la forma di calzettoni enormi.
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L’Epifania che le feste… NON si porta via!
A Genova, l’Epifania non è l’ultima delle feste, come recita il noto proverbio: “l’Epifania, tutte le feste porta via”.
Anzi, al contrario, è la prima delle feste importanti dell’anno.
Proprio per questo motivo, viene chiamata “Pasquêta” – perché precedente anche la Pasqua. Secondo questa concezione, di conseguenza, il giorno dopo Pasqua, non è Pasquetta, ma è semplicemente il lunedì dell’Angelo.
IMPORTANTE: Con il termine “Pasquêta“, in Liguria, si indica infatti una qualunque festività.
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Qual era il menù ligure dell’Epifania?
📜 Epifania, gianca lazagna, (gianca ò néigra basta ch’a segge in sce-a méizoa destéiza) ✍
Come recita anche questo antico detto “Epifàgna, gianca lasagna” (Epifania, bianca lasagna).
A Genova, sulle tavole del 6 Gennaio, erano d’obbligo le lasagne bianche, intese come impasto di sola acqua e farina, senza uovo, rigorosamente bollite – assolutamente non cotte al forno – e condite con il pesto.
Possiamo dire che, era una preparazione paragonabile in tutto e per tutto, agli odierni “Mandilli de saea“.

📃 Si proseguiva il pranzo con il pesce bollito e con il Cappon Magro – anche se in una “versione light” rispetto a quella odierna, senza gelatina e salsa verde (che era a parte), per non coprire il sapore del pesce.

Come per tutte le feste, si concludeva il pranzo con un brindisi e con una fetta dell’immancabile “Pandöçe” (il pandolce genovese).

A conclusione del pranzo, era consuetudine, che le ragazze lasciassero delle foglie d’ulivo, sulla cenere calda del camino, per trarre da questa, incredibili e speranzose “profezie d’amore”.
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